PERCHÉ NON RIESCO A DIMAGRIRE?

04.05.2020

Perché molte persone pur seguendo il modello del bilancio energetico (quindi tenendo conto dell'apporto calorico e del dispendio energetico quotidiano) non riescono ad avere risultati soddisfacenti in termini di dimagrimento? 

Innanzitutto cosa si intende per "energia in uscita"?

Per "energia in uscita" si intende, banalmente, il dispendio energetico totale (TDEE), ovvero l'energia complessiva che utilizziamo giornalmente.

Il TDEE si può suddividere in più componenti (distinzione più utile in realtà a riflessioni ed elaborazioni di carattere pratico, ma non esiste una reale distinzione a compartimenti):
- Metabolismo basale a riposo (BMR).
- Termogenesi indotta dalla dieta (DIT o TEF).
- Dispendio energetico da attività fisica quotidiana (NEAT).
- Dispendio energetico da attività sportiva.

Approssimativamente il dispendio energetico, nelle sue componenti principali, è così considerato:
- Il metabolismo basale rappresenta circa il 60% del TDEE.
- Il dispendio energetico da attività fisica incide per circa il 30% del TDEE.
- La termogenesi indotta dalla dieta comporta un 10% del TDEE.

Esempio di comportamento tipo: 
- Calcolo del metabolismo basale, esempio 1500 kcal.
- Aggiunta di un 10% al basale per considerare la DIT (150 kcal);
- Aggiunta di un 30% del basale per considerare il dispendio energetico da attività fisica.
In conclusione, il soggetto ricava teoricamente un TDEE di 2100 kcal.
Partendo da questo valore molti pianificano la loro dieta e il loro taglio calorico con l'obiettivo di dimagrire.
Puntualmente, almeno nel 50% dei casi, le persone non ottengono risultati soddisfacenti.

Perché succede questo?
Perché le persone pur calcolando il loro TDEE e applicando un taglio calorico che in teoria permetterebbe un dimagrimento evidente, non ottengono risultati?

Per rispondere a questa domanda andiamo a vedere come vengono calcolate le singole componenti del dispendio energetico totale.

METABOLISMO BASALE

Per il calcolo del metabolismo basale semplicemente ci atteniamo ad una serie di formule (che si trovano facilmente su internet) il cui risultato rappresenta solo una stima (in oltre queste formule tengono conto di pochi fattori rispetto a tutti quelli che in realtà influiscono sul TDEE, portando la stima ad essere particolarmente inaccurata).

Anche la BIA non basta per valutare correttamente il BMR, innanzitutto perché il valore che ne viene fuori è ancora una volta solo una stima del dispendio energetico, e ancora, perché la stessa determinazione della composizione corporea con la bioimpedenziometria è talvolta inaccurata in quanto questa tecnica strumentale in realtà va a misurare la quantità e la distribuzione dell'acqua corporea e la percentuale di massa magra e massa grassa è solo ricavata, indirettamente, da queste misurazioni.

Tra le altre, una metodica veloce per poter valutare, in maniera molto superficiale il metabolismo basale, è moltiplicare 22-24 kcal per i kg di peso corporeo.
Quindi un soggetto di circa 70 kg avrà un BMR di circa 1600 kcal.

Il punto è che il BMR in realtà varia da individuo a individuo per cui non possiamo basarci su questo valore in maniera precisa.
Tale formula dobbiamo tenerla in considerazione solo per avere un dato iniziale indicativo, su cui poi, successivamente, lavorare.


TERMOGENESI INDOTTA DALLA DIETA (DIT)

La termogenesi indotta dalla dieta (DIT) non è altro che la produzione di calore in seguito alla digestione, assorbimento e metabolizzazione dei nutrienti contenuti nei cibi che mangiamo.
Chiaramente questa varia a seconda degli alimenti e dei nutrienti in essi contenuti.
Indicativamente sappiamo che le proteine hanno una termogenesi più alta (circa 25-30%), i glucidi circa 5-15% e i grassi 3-4%.
Poiché valutare in questo modo la DIT è troppo complesso e poco pratico, i ricercatori usano attribuire alla DIT semplicemente circa il 10% del TDEE, facendo quindi una media statistica tra le percentuali di DIT dei vari macronutrienti (partendo dal presupposto che in una dieta equilibrata si assume sempre una quantità mista di glucidi, protidi e lipidi e non solo proteine, solo carboidrati o solo grassi).
Implicitamente però, sappiamo, che una dieta particolarmente proteica che non prevede un'assunzione rilevante di carboidrati e grassi potrebbe avere un leggero vantaggio anche per il dimagrimento dovuto al fatto che le proteine hanno una termogenesi più alta e quindi probabilmente influiscono leggermente di più sul dispendio energetico totale elevando il valore di una delle sue componenti (appunto la DIT).

Un aspetto che è importante chiarire è che la DIT non aumenta o diminuisce in funzione del numero (e quindi della frequenza) dei pasti che si prevedono durante la giornata.
La motivazione di questa affermazione deriva dalla definizione di DIT, questa rappresenta l'energia che il nostro organismo necessita per digerire, assorbire e metabolizzare a livello cellulare i nutrienti. Non può quindi avere nessuna relazione con il numero di pasti, ma piuttosto con il numero di calorie/nutrienti che ingeriamo, assorbiamo e utilizziamo a livello cellulare.

Esempio: se assumo 2000 kcal distribuite con questi macro:
- 250 g di carboidrati.
- 100 g di proteine.
- 60 g di grassi.
Avrò una DIT di circa 200 kcal (200 kcal mi servono per digerire, assorbire e metabolizzare i nutrienti menzionati).
Quindi, sulla carta, i nutrienti dell'esempio dovrebbero farmi assumere 2000 kcal, ma dovrei in realtà considerare il fatto che una parte di questa energia che potenzialmente potrei ottenere sarà utilizzata proprio per poter utilizzare i nutrienti che ho ingerito, e quindi l'apporto calorico totale sarà leggermente inferiore (2000 kcal - 200 kcal = 1800 kcal).
Ora, se io questi nutrienti li assumo nello stesso pasto, oppure in 2, in 3, in 5 o in 8 pasti, la spesa energetica necessaria per poter digerire, assorbire e metabolizzare questi nutrienti è pressoché uguale.
Per cui il numero e la frequenza dei pasti sicuramente non modifica la DIT; ciò che la modifica è sicuramente la quantità dei nutrienti (e quindi delle calorie): se io invece di assumere 2000 kcal ne assumo 3000 kcal, è ovvio che la DIT sarà aumentata, perché avrò bisogno di più energia per poter gestire quella quantità maggiore di nutrienti.

Chiaramente dobbiamo tener conto, come detto precedentemente, che la DIT può dipendere anche dal contenuto di nutrienti nella dieta poiché proteine, carboidrati e grassi hanno DIT differenti e quel 10% forfettario è per definizione solo un valore indicativo.
Inoltre va detto che la DIT dipende anche dallo stato di salute e nutrizionale dei soggetti (soggetti insulino-resistenti e non insulino-resistenti), quindi quando valutiamo la DIT come il 10% del TDEE capiamo bene che stiamo facendo una grossa approssimazione in quanto, tale componente del dispendio energetico, è particolarmente complessa da misurare poiché dipende da un'infinità di variabili che sono anche notevolmente differenti da un soggetto all'altro.


SPESSA ENERGETICA ATTIVITÀ FISICA QUOTIDIANA 

Già in partenza la spesa energetica dell'attività fisica quotidiana viene calcolata in maniera errata.

In questa tabella, che potete trovare su internet, anche in versioni differenti (con valori differenti attribuiti a queste attività - e questo già è indice di non completa affidabilità), sono identificate alcune attività quotidiane comuni e il consumo di queste attività in kcal/kg/h.
È chiaro che questi valori non sono attendibili, sono solo valori medi e indicativi che non devono essere utilizzati in maniera precisa.


Come dovremmo usare, eventualmente, questi valori?
Semplicemente dovremmo utilizzarli per avere la consapevolezza che, ad esempio, nuotare ci costa più energia di camminare oppure di spazzare, e che stare seduti a scrivere al computer è un'attività veramente poco dispendiosa e sicuramente non paragonabile al salire le scale oppure al correre al parco.
Molte persone invece utilizzano questi valori per calcolare il loro dispendio da attività fisica e chiaramente finiscono per ottenere dei valori di TDEE totali assolutamente fuorvianti.

Anche il dispendio energetico da attività sportive è misurato in maniera sbagliata.

In questa tabella sono rappresentati una serie di valori (medi) di consumo calorico (kcal/kg/ora) in funzione dell'attività sportiva svolta (rugby, sollevamento pesi, pugilato, corsa, basket, scherma, ecc).

Questi valori dovrebbero essere utilizzati in maniera solo indicativa, cioè per avere la consapevolezza che chiaramente fare determinate attività sportive può comportare un dispendio energetico maggiore rispetto al farne un'altra (pensiamo al confronto tra il sollevamento pesi in palestra, che in realtà non ha un grande potere di aumentare il dispendio energetico, e il fare una maratona).

Moltiplicare questi valori per le ore di pratica sportiva svolte, ricavando in questo modo il dispendio energetico da attività sportiva, ci porterebbe ad ottenere un TDEE molto poco vicino a quello reale.

Addirittura quando valutiamo il dispendio energetico da attività fisica utilizziamo dei semplici moltiplicatori.

Il TDEE quindi lo otteniamo calcolando il BMR (che abbiamo visto esser valutato in maniera inaccurata), e poi lo moltiplichiamo in base a valori predefiniti elaborati in funzione dei livelli di attività fisica.

Il punto è che questi valori (elencati in tabella) sono stati elaborati in funzione di una serie di indicazioni assolutamente generali.

Ad esempio: un soggetto fa attività fisica da 1 a 3 volte a settimana deve moltiplicare il suo BMR per 1,4, e questo significa che se un soggetto ha come BMR 1500 kcal, per ottenere il TDEE dovrà fare questa operazione: 1500 x 1,4.

Vi sembra realistico che un soggetto che si allena una sola volta a settimana debba utilizzare lo stesso moltiplicatore di un altro ragazzo che però si allena 3 volte a settimana per poter ottenere il proprio TDEE?

Un altro esempio: un soggetto che fa attività fisica 3-5 volte a settimana ha un moltiplicatore di 1,6, cioè un valore leggermente superiore ad un soggetto che fa solo 1 o 2 allenamenti a settimana (un soggetto che si allena 5 volte ha un moltiplicatore di 1,6 di poco superiore ad 1,4 di un soggetto che si allena 1 volta sola a settimana).

E poi, che tipo di attività fisica? Con che intensità?

Non teniamo conto di tutti questi fattori e non teniamo nemmeno conto del fatto che magari il soggetto che fa solo 1 volta a settimana attività fisica magari per lavoro fa il muratore, mentre un ragazzo che fa attività fisica 4 volte a settimana magari è uno studente che passa 8 ore seduto per studiare o ascoltare le lezioni all'università. 

Se non teniamo conto di tutti questi fattori è chiaro che avremo una determinazione del nostro TDEE assolutamente sbagliata.Infatti, quello che tipicamente si verifica, è che quei soggetti che realmente si allenano tutti i giorni (o quasi) e che hanno una vita attiva, finiscono per sottovalutare il proprio TDEE attraverso le formule e le metodiche di misiurazione descritte finora, mentre, al contrario le persone più o meno sedentarie spesso finiscono per sopravvalutare il loro TDEE.

Ad esempio, pensando di avere un dispendio energetico totale di 2500-2200 kcal, con invece uno più realistico di 2000-1800 kcal, è chiaro che se attuo un taglio calorico, ad esempio di 400-500 kcal, partendo da 2500-2200 (TDEE sopravvalutato) poi finiscono per non ottenere risultati soddisfacenti perché non si sta realmente instaurando un deficit energetico.

Queste problematiche non sono dovute alla non validità del modello del bilancio calorico, oppure perché "le calorie non contano", ma dipendono più che altro da un'errata valutazione e misurazione delle componenti del dispendio energetico totale, quindi di un errore di metodologia e misurazione di alcune variabili.

Dunque, abbiamo diversi problemi quando valutiamo il TDEE nella maniera tradizionale:

  • Il BMR è solo una stima;
  • La DIT è solo una stima e lo calcoliamo male;
  • Il NEAT è solo una stima e un parametro particolarmente variabile;
  • Il dispendio energetico da attività sportiva è solo una stima e anch'esso è molto variabile.

Non possiamo dare lo stesso calcolatore ad una persona che si allena 1 o 3 volte a settimana indistintamente, oppure ad un soggetto che si allena 3 o 5 volte a settimana. E non possiamo valutare questi dispendi energetici senza tener conto del tipo di esercizio fisico che si fa e dell'intensità con cui si praticano queste attività.

Il motivo per cui le persone spesso non riescono a dimagrire pur tenendo conto del modello del bilancio energetico (quindi "considerando" le calorie in entrata e le calorie in uscita), non riguarda solo gli errori circa la determinazione del TDEE (descritti finora), ma altre problematiche importanti riguardano anche la determinazione delle calorie che si assumono realmente con la dieta.

La maggior parte delle persone non è in grado di valutare ad occhio l'apporto di calorie di un pasto.

Se guardiamo l'immagine (due porzioni di frutta secca mista), non ci rendiamo conto che la porzione più grande porta ad un apporto calorico molto elevato, circa il doppio rispetto alla porzione più piccola. Le persone tendono a valutare l'apporto calorico e l'impatto che un cibo ha sull'aumento di grasso corporeo in base alla dimensione della porzione senza considerare da quali cibi è composta quella porzione. La frutta secca rappresenta un alimento ad alta densità energetica e per tali bastano poche manciate in più rispetto ad una porzione "standard" consIderata adeguata, per poter sbilanciare il bilancio energetico e instaurare un surplus calorico (ingrassare) o rendere vano il deficit energetico che sulla carta, in teoria, avevamo stabilito.

Anche in quest'altra immagine (due porzioni di salmone), in realtà, ad occhio, non ci si rende sempre conto che la porzione più grande comporta un'assunzione di nutrienti (proteine, grassi) e calorie rilevantemente maggiore.

Tutto questo nel tempo e sommato ad altri errori, può anche incidere in maniera evidente sul successo di una dieta.

Proprio per questo motivo è importante che le persone, soprattutto all'inizio di un percorso, inizino a comprendere "cosa" realmente stanno mangiando e che nutrienti e calorie apportano i pasti che assumono nel quotidiano.

Questo raggiungimento della consapevolezza del valore nutritivo di un alimento e dell'intero passo, è un aspetto fondamentale, del processo di educazione alimentare e di apprendimento di buone abitudini. La maggior parte delle persone non sa quante calorie un alimento contiene e tende sempre a sottostimare l'impatto che un pasto ha sulla sua dieta o sul suo apporto calorico totale.

L'utilizzo delle app conta-calorie (MyFitnessPal, FatSecret...) può cercare di limitare questa problematica.



Ecco alcuni grafici estrapolati da questo studio (Discrepancy between Self-Reported and Actual Caloric Intake and Exercise in Obese Subjects;)

(Link: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJM199212313272701), peraltro nemmeno recente, a sottolineare che queste problematiche si conoscono, almeno nel mondo scientifico, da veramente tanto tempo. 

Lo studio fondamentalmente cercava di indagare circa le discrepanze tra valori reali e valori riportati (di TDEE e apporto calorico con la dieta) dagli stessi soggetti volontari che si mettono a dieta.

I risultati: è stata osservata una differenza di anche 1000 kcal tra l'assunzione calorica reale (calcolata con attenzione dai ricercatori) e quella riportata dagli individui (a rafforzare il concetto che le persone tendono a sottovalutare quanto mangiano).



"Io mangio poco ma non dimagrisco" , è chiaro che se una persona, sulla carta, dice di assumere 1600 kcal, e poi realmente ne assume ben 2500 kcal, non dimagrirà mai.

Se non conosco queste tendenze e non sto ben attento, non capirò mai perché questa dieta non funziona. Molto spesso, in realtà non funziona semplicemente perché non è rispettata.

Come possiamo vedere sempre dai grafici, comunque, c'è anche una tendente sopravvalutazione del TDEE, cioè io penso di avere un TDEE di 2500 kcal, per cui effettuo il taglio calorico a partire da 2500 kcal e invece, realmente, consumo circa 2000 kcal al giorno. 

Questo, ovviamente, può far la differenza influendo, in negativo, sui risultati.



1° APPROCCIO POSSIBILE

Tenendo ben a mente il modello semplice del bilancio energetico, dobbiamo assumere che un soggetto, se instaura un deficit energetico, quindi assume meno calorie di quante ne consuma, dimagrisce (perde peso, più in generale), se invece assume più calorie di quante ne consuma, non dimagrisce (anzi, aumenta di peso corporeo).

Dunque, potremmo procedere in questo modo:

  • Calcoliamo superficialmente il TDEE, attraverso formule tenendo però bene a mente che il valore finale che ne uscirà potrebbe essere realisticamente molto inaccurato.
  • Effettuiamo a partire da quel valore ottenuto, un taglio calorico adeguato, che in genere è di circa 400-500 kcal al giorno.
  • Valutiamo i risultati dell'intervento che abbiamo attuato (taglio calorico) dopo circa 2 settimane.

Questa è la fase più importante e più difficile che deve essere monitorata, perché bisogna essere bravi a interpretare i risultati, raccogliere tutti i feedback, e le varie misurazioni.

Hai perso peso oppure no? Hai perso cm oppure no? In che parte? Sul braccio, sull'addome, sui fianchi, sul torace? Come ti vedi allo specchio? Utile ascoltare anche le varie sensazioni riferite dal soggetto che si mette a dieta (mi sento particolarmente stanco, ho meno energie negli allenamenti, ho comunque una buona sensazione di sazietà e via dicendo).

In base ai risultati e alla valutazione successiva a questo primo periodo, è possibile andare a limare eventualmente alcuni parametri.

L'intervento che un professionista deve attuare per aiutare un soggetto a modificare la propria composizione corporea non è mai "unico" e "assoluto", ma è il risultato di una serie di correzioni e aggiustamenti che step by step, in base ai vari feedback, oggettivi e soggettivi, che vengono applicati nel tempo.


Nella pratica che cosa significa? 


Semplicemente, se sulla carta ho instaurato un deficit energetico di circa 3500 kcal settimanali e, dopo 3 settimane, la persona non ha perso peso, grasso, e centimetri ad esempio sull'addome, vuol dire che o quella persona ha un TDEE in realtà molto più basso di quello che avevo sommariamente stimato in precedenza, oppure quella persona non ha seguito realmente la dieta (quindi occorrerà indagare in questo senso).

Se la persona ha seguito la dieta, ma non ha ottenuto i risultati il problema è principalmente nella stima del TDEE che è stato sopravvalutato, per cui adoperare un taglio calorico più ingente o aumentare (ad esempio manipolando NEAT o dispendio da attività sportive) il TDEE.

Se la persona sta invece ottenendo dei risultati soddisfacenti in termini di perdita di peso, centimetri e di valutazione allo specchio, allora possiamo procedere con la direzione intrapresa precedentemente, semmai aggiustando alcuni dettagli sulla base delle sensazioni soggettive di chi si mette a dieta e quindi lavorando, fondamentalmente, sulla compliance dietetica.



2° APPROCCIO

In alternativa, un altro approccio (che è probabilmente il migliore) è quello del diario alimentare.

Come funziona?


Molto banalmente, la persona si impegna a inserire tutto ciò che mangia e beve (ovviamente bevande zuccherate, cose di questo tipo, non facciamo riferiamo all'acqua) durante la giornata all'interno del proprio diario (che può essere l'app conta calorie, o su un proprio foglio excel oppure perché no alla vecchia maniera su carta). Il tutto per un periodo di 1 - 2 settimane. 

Attenzione ovviamente ad inserire in maniera molto precisa, specialmente per questo periodo iniziale, gli alimenti e a non scordarsi qualche stuzzichino fatto qua e là.

Sempre per la durata di questo periodo prenderemo le misurazioni del nostro peso corporeo (presi ogni mattina appena alzati, dopo essere andati in bagno) in modo da permetterci di incrociare i dati calorici con l'andamento del peso.

Con questo approccio abbiamo modo di valutare il giusto apporto energetico di mantenimento (ovvero apporto equilibrato per cui il nostro peso non aumenta e non diminuisce) e quindi avremo ricavato il dispendio energetico totale reale. Da qui si procede come per il primo approccio, si applica un taglio calorico adeguato tale da aspettarsi una teorica perdita di peso, si procede in questo modo con la continua raccolta dei dati applicando eventuali modifiche nel corso delle settimane.